Poche righe per spiegare. Credo che ognuno di noi crei un suo vocabolario, associando a ciascuna parola significati diversi a seconda delle esperienze, del carattere, degli avvenimenti. Le parole, quindi, assumono sfumature particolari, che possono mutare nel tempo, adattandosi a nuovi (o vecchi) modi di sentire. Questo che segue è un diario di pensieri cervellotici, di elucubrazioni, di sentimenti; sono schegge di me che non potevano fisicamente rimanere intrappolate in qualche parte indeterminata del mio corpo, dovevano uscire e palesarsi, come un mio personalissimo sfiato.
Le poesie sono (più o meno) in ordine di tempo: le più vecchie hanno più di 10 anni; l’ultima l’ho pensata ieri e non so ancora se sia completa o meno. Sorte identica spetta a molte altre: alcune sono da cambiare, altre da correggere, altre ancora da completare; ce ne sono alcune accompagnate da una breve riflessione, altre da disegni. Ricordo l’esatto momento in cui il mio cervello ha iniziato a pensare a ciascuna di esse, dov’ero, cosa stavo facendo e cosa stavo provando. Questo le rende vere ai miei occhi e ho deciso da molto tempo che ciò che è vero debba essere, in qualche modo, bello.
A chi legge capire se possono essere belle anche per qualcun altro.